
L’iperattività è un disturbo dell’età evolutiva che colpisce circa il 4% dei bambini, risulta di non facile trattamento, e al contempo è molto diffuso e in aumento.
Questo disturbo è poco visibile alla nascita del bambino ma si fa più evidente con l’età. L’iperattività è spesso sospettata quando il comportamento del bambino diventa socialmente perturbatore, soprattutto all'inizio della scolarizzazione. Il bambino è molto disattento e impulsivo, e sembra che il nocciolo di questa sindrome sia la disattenzione e la mancanza di concentrazione. Non sempre si aggiunge una iperattività fisica disordinata - sembra un uragano - con una energia che sembra inesauribile ma non ordinata. Il bambino non è capriccioso nel senso vero della parola, ma semplicemente non controlla il suo comportamento e subisce la sua impazienza e la sua disorganizzazione. Purtroppo questo disturbo è duraturo. E’ questa caratteristica che distingue il bambino iperattivo dal bambino focoso; infatti il bambino turbolento conosce dei periodi calmi e risponde alla disciplina imposta dalla famiglia e dalla scuola. Il bambino iperattivo non manca di buona volontà, ma la continua disattenzione gli crea delle difficoltà di apprendimento, benché queste NON DIPENDANO DA UNA DEFICIENZA INTELLETTUALE.
E’ frequente che questo disturbo cerebrale di attenzione sia associato ad altre perturbazioni come, ad esempio, dell’umore. I bambini iperattivi sono spesso colpiti da depressione e da ansia, senza che si possa affermare oggi che esista un legame da causa ad effetto.
Di seguito riporto alcuni principi di psicologia dell’educazione per aiutare il bambino iperattivo
1) Il bambino va accettato e compreso per quello che è. Non inviargli affermazioni di tipo globale e negativo, non percepirlo come totalmente sbagliato e non interpretare ogni suo comportamento problematico come un affronto personale. Ciò, oltre ad essere improduttivo sul piano pedagogico, comporta un notevole stress anche per l’adulto;
2) educare il bambino in positivo. E’ importante che gli educatori evidenzino anche le più piccole cose positive che egli compie, i minimi progressi. Ognuna di queste azioni deve diventare occasione per gratificarlo, per dimostrargli che siamo contenti del suo impegno;
3) i comportamenti problematici non pericolosi dovrebbero essere ignorati. Non si devono sottolineare continuamente i comportamenti di impulsività e di irrequietezza (a meno che non siano pericolosi per sé o per gli altri): al contrario, spesso i comportamenti inadeguati perdurano proprio perché vi si presta troppa attenzione;
4) stabilire dei principi di comportamento (“regole”) e attenervisi (scuola-famiglia). Davanti ai bambini non possono esserci segni di disaccordo o di discussione, perché tale incoerenza diventerebbe “terreno di coltura” per le irrequietezze dei bambini;
5) il modo di parlare al bambino deve essere calmo. Nel dirgli che cosa fare occorre essere precisi ed usare termini ed espressioni in positivo. Divieti e negazioni rischiano di produrre nel bambino innanzitutto uno stato emotivo di ostilità o di sfida ed, inoltre, non forniscono alcuna informazione su che cosa il bambino dovrebbe fare o su come dovrebbe comportarsi:
6) non sgridare il bambino davanti agli altri, come anche non raccontare le sue “prodezze” ad altre persone in sua presenza. Se proprio va rimproverato, meglio prendere il bambino isolatamente e spiegargli le cose con calma e con tono deciso;
7) a scuola, come a casa, può essere di grande aiuto avere un ambiente di lavoro tranquillo e con una routine prevedibile e rassicurante;
8) offrire un modello di comportamento pacato e riflessivo. Il bambino deve avere la possibilità di capire come affrontare determinate situazioni e come risolverle. In tal senso è molto utile verbalizzare tutti quei ragionamenti che noi facciamo internamente per offrire proprio un modello comportamentale. L’adulto, parlando ad alta voce, fornisce un esempio di riflessività ed una strategia razionale di problem-solving;
9) favorire una giusta quantità di attività fisica: adatti sono i giochi di squadra (che insegnano a mettere a freno l’impulsività per favorire la collaborazione per un risultato collettivo) e gli sport che educano all’autocontrollo.
Anche l’organizzazione della classe può aiutare…