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sabato 2 marzo 2013

La nostra amica palla

A quante generazioni ha fatto compagnia una palla, e quanto ne sono affascinati i bambini piccoli ancor oggi, pur avendone sempre più paura, per la poca confidenza?

La palla va scoperta, sentita, accarezzata; nelle sue diverse forme, molteplici misure e diverse consistenze.

La palla va lanciata, calciata, colpita, afferrata, schivata e palleggiata; con la palla ci si arrabbia quando rimbalzando sulle dita o in faccia a volte fa male, e ci si innamora perdutamente per un canestro o un goal realizzato.

La palla, strumento ludico affascinante ed insostituibile.

La palla ha accompagnato molte delle nostre notti passate a sognare di diventare campioni di qualcosa.

La palla ci aiuta ad essere insegnanti migliori, se siamo pienamente consapevoli degli obiettivi e degli elementi didattici e metodologici che ne caratterizzano l’insegnamento.

Progetto Primo Salto.....rotoliamo con voi...

giovedì 19 aprile 2012

il senso del gioco

Il bambino agisce e gioca con gli oggetti, “ vive il suo essere al mondo nello spazio-tempo ludico ”. In questo modo egli esprime al mondo esterno il PIACERE DI MUOVERSI E DI SPERIMENTARE i propri conflitti sul piano tonico-emozionale. Il gioco è una situazione vissuta di vita attiva dove esiste correlazione fra
percezione, conoscenza, apprendimento, affettività. Il gioco cambia con l’età, come modalità e tipo di partecipazione. Il gioco è appunto “ partecipazione attiva ”. L’educatore si trova spesso davanti a due situazioni estreme: “ il bambino che non gioca e quello che gioca sempre ”. Nel primo caso, molti bambini pare si divertano ad osservare il gioco dei compagni, ma a volte non partecipano perché non vogliono
rischiare in prima persona, hanno “ paura di essere incapaci di giocare ”. L’insegnante deve aiutare l’allievo ad automotivarsi, ad esprimersi nel gioco (senza scopo e finalità didattiche). Devono primeggiare: DIVERTIMENTO, PIACERE SENSO MOTORIO, RISATE, ALLEGRIA. Quando il piccolo gioca sempre (disturbando tal volta, il gioco dei compagni) può significare “ paura di crescere ”, di responsabilizzarsi, bisogno di libertà e di contestazione affettiva. L’educatore deve essere paziente e continuo, né autoritario né permissivo.

L’educatore che ascolta è l’educatore che educa!
Lapierre e Aucouturier

sabato 16 ottobre 2010

Fantasia e libertà di movimento al potere!

“tu sei il re, la regina del tuo regno e lo crei a tua somiglianza.
Puoi cambiare tutto, mettere all’inverso la logica del mondo..”


E’ quasi impossibile raccontare l’esperienza di un bambino o di una bambina che si muovono nello spazio, con le parole o con le immagini, o parlare del movimento riuscendo a cogliere il vero e molteplice senso dell’esplorazione del mondo attraverso il corpo.

“Tu sei il re e la regina del tuo regno e lo crei a tua somiglianza. Puoi cambiare tutto, mettere all’inverso la logica del mondo”, è questo uno degli aspetti fondamentali delle infinite possibilità di espressione , che il bambino e la bambina, muovendosi, hanno. La capacità di agire in un altro mondo, quello delle immagini della fantasia, vero, presente, un mondo che può essere comunicato, messo in comune a patto di entrare nella sua regola, nel suo tempo e nel suo spazio. Per fare questo occorre affinare gli strumenti, trovare i mezzi, provarne le azioni per renderlo presente anche agli altri. Uno strumento, un “motore di ricerca” è il corpo, preso nella sua originale complessità e molteplicità.

Oltre che della fantasia, il corpo e il suo movimento possono essere per il bambino e la bambina, veicoli di comunicazione delle loro idee.

Attraverso un lavoro attento, è possibile mettere in luce, come movimenti del comune modo di “fare”, quotidiani, diventano movimenti emotivi, carichi di senso, straordinari.
Attraverso un lavoro attento, si può realizzare una compenetrazione, non solo tra corpo e suo pensare, ma anche tra sé e ambiente, tra individuo e ambiente sociale, nella comprensione e accettazione - scoperta quasi - dei sentimenti propri e dell’altro.

E’ importante che dall’espressione di idee, immagini e realtà interiori, nasca una comunicazione “agli altri”, attraverso ciò che il linguaggio non verbale, può esprimere proprio perché non limitato dai recinti e dai freni della parola.

Il lavoro sul movimento corporeo offre ai bambini una possibilità per riappropriarsi del nostro corpo, di scoprire le sue potenzialità: di conoscerne e percepire la struttura, le sue parti, le possibilità di percepirlo e gestirlo in piena consapevolezza e libertà; inteso come veicolo d’espressione e comunicazione, ci dà gli strumenti per comunicare agli altri ciò che non riusciremmo a dire col simbolismo verbale.
La tecnica deve nascere dall’esplorazione libera dei movimenti e delle forme di cui il corpo è capace, partendo dalla presa di coscienza dello spazio e della percezione del proprio corpo nello spazio e nel tempo, attraverso se e attraverso gli altri, in relazione a tutto ciò che è “se stessi” e “altro da sè”.

Si lavora sulle immagini, ci si identifica con l’altro che ci trasforma: animali, personaggi fantastici, situazioni straordinarie, oggetti, ci si appropria di elementi “strani” cioè esterni, estranei, stranieri.
Identificarsi con qualcosa al di fuori di sé , significa fare un rapido lavoro interno, per cui si dà vita all’immagine che si ha di quella cosa; significa coglierne l’essenza e poi avere la possibilità di arricchire tale immagine, sia a livello delle associazioni mentali, sia attraverso il confronto con quanto fanno gli altri, sia di mettere fuori le sfumature affettive che ciascuno di noi dà all’oggetto e che il solo nome dell’oggetto non permette di esprimere.

Il vissuto che emerge durante il gioco libero, durante l’improvvisazione mossa dalle proposte della guida, può essere arricchita con giochi tendenti a stimolare e rafforzare la capacità di osservazione, di ascolto, accanto ai giochi proposti dai bambini e dalle bambine, magari inventati li per lì attraverso i materiali o gli spazi a disposizione al momento.

Nei bambini e nelle bambine la capacità di alterare i piani tra realtà e finzione,di farli coesistere, di entrare ed uscire dal gioco, è un fatto di natura che allena alla vita, esercizio immediato della capacità immaginativa che possiedono.

“quando il bambino (e la bambina) è in tenera età, la scoperta del proprio corpo, e poi la scoperta di quello dell’altro (e dell’altra), è il suo gioco preferito”