Il bambino agisce e gioca con gli oggetti, “ vive il suo essere al mondo nello spazio-tempo ludico ”. In questo modo egli esprime al mondo esterno il PIACERE DI MUOVERSI E DI SPERIMENTARE i propri conflitti sul piano tonico-emozionale. Il gioco è una situazione vissuta di vita attiva dove esiste correlazione fra
percezione, conoscenza, apprendimento, affettività. Il gioco cambia con l’età, come modalità e tipo di partecipazione. Il gioco è appunto “ partecipazione attiva ”. L’educatore si trova spesso davanti a due situazioni estreme: “ il bambino che non gioca e quello che gioca sempre ”. Nel primo caso, molti bambini pare si divertano ad osservare il gioco dei compagni, ma a volte non partecipano perché non vogliono
rischiare in prima persona, hanno “ paura di essere incapaci di giocare ”. L’insegnante deve aiutare l’allievo ad automotivarsi, ad esprimersi nel gioco (senza scopo e finalità didattiche). Devono primeggiare: DIVERTIMENTO, PIACERE SENSO MOTORIO, RISATE, ALLEGRIA. Quando il piccolo gioca sempre (disturbando tal volta, il gioco dei compagni) può significare “ paura di crescere ”, di responsabilizzarsi, bisogno di libertà e di contestazione affettiva. L’educatore deve essere paziente e continuo, né autoritario né permissivo.
“ L’educatore che ascolta è l’educatore che educa! ”
Lapierre e Aucouturier
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