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mercoledì 23 marzo 2011

Vincere o perdere


Perdere è un modo di apprendere. E vincere, un modo di dimenticare quel che si è appreso.


(C. Drummond de Andrade, Quando è giorno di partita)

lunedì 7 marzo 2011

Sport ed emozione

Esperienze forti quali la vittoria, la sconfitta, l'attesa, l'incertezza fanno della pratica sportiva un luogo privilegiato dove imparare ad ascoltare, conoscere e abitare emozioni come gioia, delusione, collera, entusiasmo. Le emozioni sono una risporsa per la comprensione di sè e dell'altro e quindi per il fondamento dell'azione consapevole

La pratica sportiva è un caleidoscopio di emozioni, luogo privilegiato che permette di riconoscerle, abitarle e gestirle facendole diventare motore di crescita individuale e collettiva.

venerdì 18 febbraio 2011

L'Europa ci indica la strada

L'ambito disciplinare motorio "fornisce il contesto per trasmettere valori importanti quali la tolleranza, il fair play, l'esperienza di vittoria e sconfitta, la coesione sociale, il rispetto per l'ambiente e l'educazione alla democrazia". 
Si ritiene pertanto "la pratica motoria e sportiva uno degli strumenti più efficaci per la formazione della personalità e del carattere dei soggettivi giovane età." 

Commissione dell'Unione Europea, Raccomandazione n. 6 del 2003

Progetto primo Salto segue alla lettera....

mercoledì 16 febbraio 2011

Godere della competizione

"La capacità di godere della competizione si costituisce sull’esperienza di gioco della prima infanzia".

(Bruno Bettelheim.)

martedì 25 gennaio 2011

Prima di imparare a vincere si deve imparare ad arrivare ultimi.

Quante volte vi è capitato di vedere vostro figlio piangere perché non accettava di perdere in qualcosa in cui pensava di essere il migliore o non immaginava di poter perdere? 

Molti bambini non riescono ad  accettare la sconfitta al gioco. Ciò accade perché perdere, fa sentire “perdenti”, poco apprezzati dagli altri, in una società dove conta il successo e dove il fallimento viene considerato come qualcosa da evitare. Per questi motivi, molto spesso la perdita va a colpire l’autostima del bambino, creandogli la percezione di essere incapace, di non potercela fare.
Spesso un genitore competitivo, comunicando anche indirettamente al bambino che deve essere il migliore per forza, lo carica di aspettative e di riflesso potrebbe creare in lui difficoltà ad accettare la sconfitta.
In quel caso, il senso di fallimento sarà doppio, perché non solo il bambino si sentirà frustrato per non essere arrivato primo, ma sentirà anche di aver deluso il genitore.
E’ importante insegnare ai propri figli ad accettare la sconfitta, facendo notare che l’accettazione di questa rende più forti; facendo notare che il vero perdente è chi non riesce ad accettare la sconfitta e chi non vuole capire che ha perso. Accettare la sconfitta aiuta a capire dove abbiamo sbagliato per evitare di commettere lo stesso errore ed essere nuovamente sconfitti. Al tempo stesso, è molto utile sottolineare altri aspetti come l'esser stato bravo a rispettare le regole del gioco, farlo riflettere su quanto si sta divertendo durante il gioco, farlo riflettere sulle emozioni di perdita e di vincita e sulla loro durata durante tutto il gioco, differenziare i giochi in cui si vince per fortuna da quelli in cui conta l’impegno.
In ambito familiare è importante evitare di far vincere sempre il proprio figlio, per paura che possa soffrirne, perché nella vita gli capiterà di perdere, come di vincere del resto. Meglio se sperimenta queste emozione in famiglia, che rappresenta un contesto protetto.

Nel corso della nostra attività permettiamo, attraverso il gioco, al bambino di confrontarsi con gli altri ed entrare in contatto con i propri limiti, poichè solo la consapevolezza di questi può portare al superamento degli stessi. Il nostro obiettivo in ogni gioco svolto è di spiegare che non ci si deve sentire frustrati quando si perde o quando non si ottiene il risultato voluto. Prima di imparare a vincere si deve imparare ad arrivare ultimi.

Per cui, la prossima volta che tuo figlio perde una gara, con il sorriso sulle labbra, chiedigli se si è divertito; se ti risponde di sì, sentenzia semplicemente: "bene, come vedi, non è importante vincere!".

lunedì 24 gennaio 2011

La verità di un prato verde.

"Che tu possa incontrare la vittoria e la sconfitta, e trattare queste due bugiarde con lo stesso viso".

(R. Kipling, iscrizione sulla porta d'ingresso al Centre Court di Wimbledon)

lunedì 15 novembre 2010

Imparare a perdere

“Lancio il dado e ancora una volta mi esce un sei. Fortuna sfacciata, ho vinto anche questa partita a Gioco dell’Oca. La mia piccola, come sempre, ci rimane malissimo e piange disperata.
“Non si può sempre vincere - le dico -. Vedrai che la prossima volta andrà meglio. Comunque la cosa più importante è divertirsi, non vincere”.
“Non è vero, voglio sempre vincere,” ribatte la piccola.

La bimba ha cinque anni e come molti bambini della sua età, non riesce a mandare giù le sconfitte. Come si può fare per aiutarla?

Secondo Armin Krenz, ricercatore all’Istituto di psicologia applicata e pedagogia di Kiel, in Germania, il genitore nell'esempio ha sbagliato a cercare di consolare la bimba. "La rabbia deve emergere – sostiene Krenz -. Gli adulti devono confermare i sentimenti dei bambini, in modo che questi possano sfogare le proprie frustrazioni.”

Allora che cosa avrebbe dovuto dire il genitore a sua figlia? "Questo stupido dado! Anche io da piccolo mi arrabbiavo tantissimo quando perdevo. Ho persino fatto a pugni con il cuscino!"

“I bambini si liberano dai sentimenti di rabbia solo se possono esprimerli”, ribadisce Kerstin Bahrfeck-Wichitill, pedagoga del linguaggio dell’Università tedesca di Dortmund.

Quello che gli adulti fanno fatica a capire è che per i bambini una sconfitta al Gioco dell’oca non è una cosa da poco, è una minaccia esistenziale, una risposta brutale alle domande "Chi sono?" e "Cosa so fare?" Insomma può colpire pesantemente l’ autostima.

Dovremmo quindi risparmiare ai nostri figli queste esperienze? E bandire giochi come il Gioco dell'oca o altre forme di competizione?

"No, si sa che i bambini non sono buoni perdenti - dice Krenz – ma se a cinque-sei anni continuano a lamentarsi per le sconfitte, vogliono essere sempre i primi e decidere sempre a che gioco giocare, bisognerebbe andare un po’ più a fondo e aiutarli a recuperare sicurezza in se stessi.

A quell’età dovrebbero infatti aver già raccolto sufficienti esperienze per perdere senza troppi drammi".

Federico, sei anni, appena un anno fa faceva il diavolo a quattro a ogni sconfitta. Ora invece sembra aver imboccato la strada giusta. Litiga meno con i compagni, si infuria meno e sa anche perdere.

Forse perché sua mamma ha introdotto un nuovo rituale per la sera e negli ultimi tempi si occupa molto più di lui. Forse perché le sue maestre hanno capito come prenderlo.

E forse anche perché ha iniziato a dedicarsi di più a giochi in cui vincere non conta. “Si tratta sicuramente di un mix di cose, ma non va sottovalutato l’ultimo aspetto - osserva Krenz -. I giochi di movimento, in cerchio, di ruolo e le costruzioni, in cui i bambini imparano anche il loro valore personale, sono più formativi dei giochi che mettono in competizione e aiutano a superare le sconfitte”.
Progetto Primo Salto...si vince e si perde con il sorriso!