“Lancio il dado e ancora una volta mi esce un sei. Fortuna sfacciata, ho vinto anche questa partita a Gioco dell’Oca. La mia piccola, come sempre, ci rimane malissimo e piange disperata.
“Non si può sempre vincere - le dico -. Vedrai che la prossima volta andrà meglio. Comunque la cosa più importante è divertirsi, non vincere”.
“Non è vero, voglio sempre vincere,” ribatte la piccola.
La bimba ha cinque anni e come molti bambini della sua età, non riesce a mandare giù le sconfitte. Come si può fare per aiutarla?
Secondo Armin Krenz, ricercatore all’Istituto di psicologia applicata e pedagogia di Kiel, in Germania, il genitore nell'esempio ha sbagliato a cercare di consolare la bimba. "La rabbia deve emergere – sostiene Krenz -. Gli adulti devono confermare i sentimenti dei bambini, in modo che questi possano sfogare le proprie frustrazioni.”
Allora che cosa avrebbe dovuto dire il genitore a sua figlia? "Questo stupido dado! Anche io da piccolo mi arrabbiavo tantissimo quando perdevo. Ho persino fatto a pugni con il cuscino!"
“I bambini si liberano dai sentimenti di rabbia solo se possono esprimerli”, ribadisce Kerstin Bahrfeck-Wichitill, pedagoga del linguaggio dell’Università tedesca di Dortmund.
Quello che gli adulti fanno fatica a capire è che per i bambini una sconfitta al Gioco dell’oca non è una cosa da poco, è una minaccia esistenziale, una risposta brutale alle domande "Chi sono?" e "Cosa so fare?" Insomma può colpire pesantemente l’ autostima.
Dovremmo quindi risparmiare ai nostri figli queste esperienze? E bandire giochi come il Gioco dell'oca o altre forme di competizione?
"No, si sa che i bambini non sono buoni perdenti - dice Krenz – ma se a cinque-sei anni continuano a lamentarsi per le sconfitte, vogliono essere sempre i primi e decidere sempre a che gioco giocare, bisognerebbe andare un po’ più a fondo e aiutarli a recuperare sicurezza in se stessi.
A quell’età dovrebbero infatti aver già raccolto sufficienti esperienze per perdere senza troppi drammi".
Federico, sei anni, appena un anno fa faceva il diavolo a quattro a ogni sconfitta. Ora invece sembra aver imboccato la strada giusta. Litiga meno con i compagni, si infuria meno e sa anche perdere.
Forse perché sua mamma ha introdotto un nuovo rituale per la sera e negli ultimi tempi si occupa molto più di lui. Forse perché le sue maestre hanno capito come prenderlo.
E forse anche perché ha iniziato a dedicarsi di più a giochi in cui vincere non conta. “Si tratta sicuramente di un mix di cose, ma non va sottovalutato l’ultimo aspetto - osserva Krenz -. I giochi di movimento, in cerchio, di ruolo e le costruzioni, in cui i bambini imparano anche il loro valore personale, sono più formativi dei giochi che mettono in competizione e aiutano a superare le sconfitte”.
Progetto Primo Salto...si vince e si perde con il sorriso!
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